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Ronald Hartman Stefano Chiappella Sikut

Pukulan: l’Arte del Colpire

Cos’e’ il Pukulan: l’Arte del Colpire?

Continuando il nostro viaggio all’interno dell’universo del Pencak Silat Indonesiano, non possiamo fare a meno di citare un termine a noi particolarmente caro, un termine che più di ogni altro definisce l’arte che pratichiamo e, in definitiva, definisce anche noi praticanti: questa parola è Pukulan.

Tradotto letteralmente il termine Pukulan vuol dire “colpire”, ma come scopriremo qui c’è molto di più dietro questo nome e, come sempre e come già visto per il Pencak Silat, per comprenderne a fondo il significato è prima di tutto necessario comprendere il contesto storico e socio-culturale da cui questa parola ha preso vita. 

È infatti impossibile, e anche inutile o addirittura controproducente, cercare di comprendere un’arte senza legarla agli eventi, agli esseri umani e alle tradizione da cui è nata.

Se vogliamo parlare di Pukulan allora sarà importante saper distinguere l’origine della parola in sé ed il suo uso comune in Indonesia, da quello che è stato riconosciuto in seguito come un vero e proprio modo di praticare l’arte marziale del Pencak Silat, con determinati principi marziali e biomeccanici che lo definiscono e lo contraddistinguono dall’approccio utilizzato da altre scuole che, sebbene pratichino arti marziali indonesiane, non si possono definire praticanti di Pukulan.

Per entrambe le definizioni il nostro viaggio comincia negli anni ‘50 circa, dalla rotta delle navi che portarono i profughi Indo e Indonesiani (in fuga dall’Indonesia) in Olanda. La proclamazione dell’indipendenza della Repubblica Indonesiana infatti, come spesso accade in questi casi, aveva portato tutti coloro che avevano combattuto o parteggiato per il nemico occupante olandese ad essere costretti a lasciare la terra natia, in quanto a rischio di essere uccisi o deportati.

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Dove nasce il Pukulan?

Gli Indo, normalmente di padre (e quindi cognome) Olandese e madre Indonesiana, avevano avuto un ruolo intermedio e posizioni di rilievo nella società indonesiana pre-indipendenza. Spesso queste posizioni di comando comportavano il possedimento di case con tutti i confort e una servitù indonesiana al proprio servizio, nonché la possibilità di comandare la manovalanza usata per i lavori di bassa lega. Tutti questi privilegi però svanirono con la nascita della Repubblica indonesiana.

Bpk Flohr, la Famiglia de Vries e Uncle Paul de Thouars erano tra loro.

Compreso dunque il pericolo insito nel rimanere in Indonesia, avendo loro appoggiato il precedente governo di stampo olandese, moltissimi indo fuggirono verso la terra dei loro padri, appunto l’Olanda, dove però trovarono ad accoglierli un posto molto diverso da quello che si aspettavano. Il clima e il cibo erano diametralmente opposti rispetto alla calda e umida Indonesia, gli olandesi, che prima li usavano come uomini di fiducia ed intermediari, ora li ghettizzavano per via delle loro usanze e apparenze così differenti rispetto alle loro..

In quegli anni più di 300.000 Indo e Indonesiani si trovarono quindi in questa specie di limbo, una terra di mezzo senza ritorno, odiati e cacciati dalla loro terra natia, di cui avevano un ricordo stupendo e quasi mitizzato, con le difficoltà di ricostruirsi una vita da zero, in un paese freddo e inospitale, senza referenze e con tutta la diffidenza che purtroppo si sviluppò in molte situazioni.

Come conseguenza di questi evento, e come spesso accade a gruppi etnici in esilio, gli Indo crearono tra loro una comunità molto forte e unita, all’interno della quale mantennero le tradizioni e usanze indonesiane intatte e custodirono gelosamente i ricordi, gli usi e i racconti dell’Indonesia che avevano lasciato. 

È questo che ha permesso a noi di avere accesso ad una parte della cultura indonesiana che ad oggi è quasi scomparsa perfino nella terra madre. Basti pensare ad esempio che l’unica università al mondo dove poter studiare la lingua Sunda ad oggi è Utrecht, in Olanda. Per fortuna comunque, in questi ultimi anni si stanno formando diversi movimenti culturali anche in Indonesia allo scopo di promuovere, salvaguardare e trasmettere intatte le tradizioni culturali di questo popolo.

Indonesia 1930 Train
Indonesia 1930

Pukulan l'Arte del Colpire in Europa

Chiaramente con gli Indo arrivò in Europa anche la loro lingua e la loro arte marziale, e con esse l’uso della parola che tanto ci interessa, ossia “poekoelan” o “pukulan”, che significa appunto “colpire con le mani”, e che nella lingua comune viene quindi spesso usato come rafforzativo a fianco del nome dello stile di arti marziali praticato, per indicare la propensione di questo stile verso le percussioni, oppure viene inserito all’interno del programma didattico di una scuola per indicare un set di esercizi specifici per allenare i colpi di braccia.

Allo stesso modo di pukulan, esistono infatti altri termini all’interno della lingua indonesiana con usi e significati simili, come ad esempio: tendangan (calci), kuncian (leve articolari) e senjata (uso delle armi). Tutti possono avere il loro spazio all’interno del curriculum marziale di una scuola di Pencak Silat, oppure essere utilizzati per definirne un particolare stile o tendenza.

Dunque il primo uso della parola pukulan è la rappresentazione, o la preferenza di uno stile, nel colpire con le mani o una sua categoria di esercizi atti a sviluppare questa abilità. 

Questo può spiegare perchè al giorno d’oggi, e specialmente fino agli anni ‘80 in Olanda, ci fu un grosso numero di scuole di Silat che si identificavano con il nome Pukulan piu’ qualcosa, come ad esempio: Pukulan Betawi, Pukulan Kamajoran, Pukulan Cimande e molti altri. Tutte queste scuole volevano identificare il loro stile nella “specialità” del colpire con le mani.

Questi nomi, e la maggior parte dei nomi degli stili di Pencak Silat in realtà, non sono però altro che una creazione recente della seconda metà del ‘900, dovuta alla regolamentazione e l’organizzazione delle scuole di Pentjak Silat in federazioni, come la IPSI a livello internazionale o l’NPSB (Nederlandse Pencak Silat Bond), nata appunto in seguito alla massiva immigrazione Indo e Indonesiana in Olanda.

E fu proprio in Olanda, in seguito alla creazione della NPSB, che si dovettero in alcuni casi creare nomi di stili completamente da zero. Molti insegnanti infatti avevano praticato fino ad allora, per anni, senza aver bisogno di dare un nome allo stile che praticavano, oppure il nome spesso corrispondeva al nome stesso dell’insegnante capo, della città o dell’area geografica in cui si praticava o da cui veniva il caposcuola. Come risultato molti di questi nomi, pur riferendosi a scuole diverse, erano assolutamente identici.

Un po’ come se tutti quanti dicessimo di cucinare Italiano, ma senza specificare il nome del piatto.

Per fare chiarezza e identificare ogni stile si rese dunque necessario differenziare i nomi degli stili aggiungendo prefissi, suffissi o i villaggi da cui proveniva il praticante, in modo da poter facilitare l’organizzazione della federazione appena costituita.

Hotel des Indes in Batavia
Hotel des Indes in Batavia

Il Pukulan come Arte

C’è poi un secondo, e a noi più caro, significato della parola pukulan. Il pukulan inteso a livello fisico, mentale e spirituale, come metodologia che fonda le proprie strategie sul colpire.

Non si tratta solamente di allenare dei pugni in questo caso, quello può farlo qualunque stile di arte marziale, ma di apprendere e applicare geometrie lineari integrate alla biomeccanica del corpo umano, in modo che ogni colpo crei il risultato voluto con il minimo sforzo e la massima resa. Il colpo di per sé diventa quindi un mezzo e non il fine: colpisco in un determinato modo perché voglio ottenere un determinato effetto sul corpo del mio avversario.

Si dice che prima di cominciare un combattimento il praticante di pukulan debba avere già chiaro nella mente quello che succederà e come lo otterrà, una volta che il movimento comincia, infatti, non ci sono dubbi, ripensamenti o cambiamenti in corsa, il combattimento deve essere chiuso in pochi colpi. 

Non è sparring, non c’è studio dell’avversario, o meglio, lo studio c’è ma è a monte. Il modo di camminare, di respirare, di parlare e muovere il corpo delle persone viene studiato e analizzato prima che il combattimento stesso abbia inizio. La distanza di combattimento è corta, cortissima, adatta a situazioni di difesa in ambiente urbano dove ci si trova spesso chiusi da ostacoli fisici in un locale o circondati da altre persone, più o meno coinvolte.

Il condizionamento fisico e mentale giocano un altro fattore molto importante. In principio il praticante condiziona il proprio corpo tramite esercizi per moderare il dolore ai colpi ricevuti, ma anche per indurire le proprie ossa per non danneggiarsi durante il combattimento. In seguito il condizionamento fisico lascia il posto a quello mentale e il dolore non diventa più un problema, anzi diventa carburante per portare avanti l’azione.

I passi del praticante di Pukulan si muovono su linee geometriche precise, che hanno il compito di tagliare le linee dell’avversario impedendogli di reagire e permettendo di controllare al contempo l’ambiente circostante, mantenendo costante la guardia e l’attenzione verso un possibile prossimo avversario. Il Pukulan nasce per la strada e come tale prevede sin da subito l’idea del combattimento contro più avversari.

Il timing e il momentum rappresentano infine la dicotomia che permette ai colpi di ottenere il risultato desiderato. Il ritmo non è mai continuo ma sempre spezzato per rendere difficile all’avversario prevedere il prossimo colpo, il momento dell’impatto è preceduto da un istante di assoluta calma e rilassatezza e subito seguito dalla medesima, creando un effetto di “pieno/vuoto” che permette di generare grande impatto e potenza a cortissima distanza, entrambe queste parole hanno diverse accezioni e rappresentano, assieme al modo di camminare, i due pilastri su cui si basa il Pukulan: l’arte del colpire.

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Walter van den Broeke - Sikut

Il Pukulan Oggi

Come accade per ogni arte, il Pukulan è cambiato negli anni, da quando veniva allenato in Indonesia, ha assorbito poi le caratteristiche che gli sono state date quando ha iniziato ad essere insegnato in Olanda, e da lì si è evoluto fino ai giorni nostri. E questo è certamente un bene, perchè gli ha permesso di sopravvivere e arrivare a noi mantenendo intatta la sua efficacia, e anzi adattandosi alle necessità dei praticanti attuali e della situazione sociale, culturale e geografica in cui vivono.

La pratica che veniva fatta in Indonesia era sicuramente indirizzata a proteggere le persone dalla tipologie di pericoli che dovevano affrontare allora, ma come si può ben capire non avrebbe senso oggi per un praticante italiano allenarsi per combattere, ad esempio, contro dei praticanti di Silat Cikalong, non perché non siano validi praticanti, ma perchè difficilmente avremo l’occasione di imbatterci in uno di loro in Italia. 

La pratica del Pukulan si è quindi evoluta in Olanda, dove ha trovato ottime scuole di Thai contro cui confrontarsi per esempio, e strutture fisiche differenti rispetto a quelle degli artisti marziali indonesiani, e ha sviluppato così caratteristiche e strategie atte a risolvere i problemi che possono accadere in un combattimento da strada in Occidente.

Pukulan: l’arte del colpire è quindi viva ed in costante evoluzione, ma sempre nel rispetto della tradizione del l’efficacia che l’ha caratterizzata fin dalla sua nascita. Il compito dei praticanti dunque è quello di continuare a rispettare e tramandare questa tradizione, portandola con noi nell’epoca moderna per trasmetterla intatta alle prossime generazioni.

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Stefano Chiappella

NKI Technical Board Member

 

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